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Au-Pair in Germania: l’esperienza di Nicole

piazza del mercato di Brema, Germania
Redazione

Per Nicole fare l’Au-Pair in Germania è stato come combattere una battaglia. Ma contro cosa? Ce lo racconta in questo articolo

“Davvero vuoi partire per andare a fare l’Au-Pair? Un anno? In Germania?”

Non solo, ci terrei a precisare, ma ho scelto come base militare per questa ardua missione proprio Brema, una città a circa 60 km dal Mare del Nord.

Se non avete già chiuso la pagina e, coraggiosi, state continuando a leggere questo articolo,  posso provare a dimostrarvi come una giovane soldatessa sia riuscita a sopravvivere nella fredda e piovosa Bassa-Sassonia in mano ai distaccati e “burberi” tedeschi.

Lo ammetto, è dura andare al supermercato e pensare che sia chiuso perché non c’è nessuno ad urlare, da una parte all’altra, al reparto del pesce. È quasi impossibile sentirsi a casa quando le uniche parole che arrivano alle tue orecchie hanno un accento alquanto duro e dal tono “imperativo”.  Ma è anche sbalorditivo vedere bambini di 6 anni che, in bici, vanno tranquillamente a scuola da soli e addirittura giocano all’aperto, sotto la pioggia, con indosso solo un k-way giusto così, per evitare qualche goccia.

È incredibile scoprire che c’è un luogo in cui nessuno getta sigarette o bottiglie di plastica fuori dal finestrino e che, addirittura, in questo locus amoenus chi si aggira in macchina, non appena incontra quella cosa denominata “bicicletta”, osa fermarsi e, da galantuomo, dare gentilmente la precedenza.

Soprattutto è davvero troppo quando ti chiedono se sai cucinare “Piza, Bruscetta e S(ch)paghetti”. È normale, a questo punto, sentirsi disorientati. Come affrontare tutto questo?

Prima regola: Conosci il nemico

bandiera tedesca

Se si vuole davvero uscire vivi e vittoriosi dalla battaglia, c’è bisogno di abbattere quel “sentito dire” che tormenta la testa e l’anima e non aiuta a sentirsi a casa. Perché, in fondo, “tutto il mondo è paese”.

E allora scopri che, udite udite, i treni, se non vengono cancellati, arrivano, ma perennemente in ritardo; al contrario di quanto dicono gli stereotipi sulla puntualità tedesca.

In una fredda e nebbiosa notte di pioggia scopri, sul tram di strada verso casa, che anche i controllori tedeschi, nonostante tu non abbia rispettato la loro ineccepibile legge, hanno un cuore grande tanto da evitarti una bella multa salata. Questo grazie a quel “Cittadinanza: italiana” scritto sulla tua carta d’identità.

Non ho ancora capito perché il bigliettaio mi abbia “risparmiata”; forse perché è affezionato al nostro Paese, o forse perché il pensiero del nostro buon cibo gli ha scaldato il cuore. In quel momento, però, una cosa l’ho capita: se apri gli occhi, ti accorgi che quella solida armatura che immaginiamo indosso ai nostri “avversari” è fatta, in realtà, di materiale duttile e malleabile.

Seconda Regola: Conosci il nemico e conosci te stesso

abbraccio di gruppo

La vera magia di questa esperienza credo sia stata l’aver iniziato a riconoscere me stessa negli occhi delle persone intorno a me. Ho rivalutato l’anima del popolo tedesco, spesso ridotto a sterili soprannomi come “mangiapatate”,  e questo mi è stato possibile grazie alla famiglia che mi ha ospitato e alla sua calda accoglienza; alle persone che ho avuto modo di frequentare; agli amici con cui ho condiviso momenti forti e alle insegnanti del corso di tedesco.

Dimenticavo, il corso di tedesco, un “Integrationskurs”: l’esperienza che credo abbia segnato più profondamente questo mio periodo qui. Ogni mattina, a lezione, ho avuto la grande opportunità di leggere in ogni mio compagno storie di vita da ogni parte del mondo. Storie di sofferenza, di famiglie disperse e di case da mantenere.

La vera lezione è stata essere parte di una classe di immigrati, o meglio, di una famiglia “variegata” di immigrati, in cui i più veterani cercano di insegnare alle matricole qualche verbo o qualche espressione mischiandola all’arabo, al curdo o all’inglese. Io mi sono intromessa solo per parlare di “spaghetti” e “pizza”.

I benefici delle prime due regole:

ragazza con valigia

Accade come per magia, quando decidi di guardare cosa c’è in giro per il mondo, che le tue barriere e i tuoi limiti vengono meno e ti lasci, così, finalmente abbracciare.

Io ho lentamente allentato la presa e ho conosciuto una Germania accogliente, ricca di giovani che decidono di fuggire dai propri paesi per trovare qui un rifugio. Giovani che poi sono pronti a restituire, a piene mani, il calore che li ha protetti e convinti a trasformare quello che era un riparo provvisorio in una casa di vita.

Ho conosciuto una Germania dai mille volti e dai paesaggi naturali sorprendenti, di cui i tedeschi si prendono cura con grande attenzione. Ma soprattutto ho vissuto una Germania che, nonostante il suo definirla “antitesi” dell’Italia, riesce ad apprezzare non solo la nostra cucina, ma anche la ricchezza del nostro stivale, di cui spesso persino gli italiani si dimenticano.

“Quindi non sei morta?” Non solo sono sopravvissuta, ma ne sono uscita illesa e più forte. Porto con me la convinzione che, oggi, l’unico modo per distruggere questi muri di pregiudizi e odio che stiamo creando sia armarsi di zaino in spalla e intraprendere cammini nuovi che ci permettano di sperimentare, scoprire e ridefinire la nostra esistenza.

Terza Regola, dunque: Lanciati nella battaglia.

Solo così potrai imparare le prime due regole.

Di: Nicole De Micheli

Responsabile editoriale di Scambieuropei e coordinatrice delle piattaforme digitali. Da sempre interessata ai viaggi e al mondo della mobilità giovanile