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La bellezza della diversità: lo SVE di Margherita in Turchia

Donne in Turchia
Redazione

Quando si fa un’esperienza all’estero ogni momento vissuto con l’altro è qualcosa di speciale. Margherita ci racconta la bellezza di una lezione di cucina con donne siriane durante il suo volontariato in Turchia 

 

Nei mesi di aprile e maggio 2019 Margherita ha svolto un periodo di volontariato in Turchia, a Gaziantep,  con il Servizio Volontario Europeo (SVE, ora ESC). In questo articolo ci racconta la sua esperienza (umana e) culinaria con delle donne siriane.

 

Lezione di cucina con donne siriane

La cucina è un forno. Appena entro nella stanza un vapore caldo e umido mi invade. Al centro una quindicina di donne si affaccendano intorno ad un tavolo, operose e scattanti come delle api.

 

Una donna corpulenta mi si avvicina con un ampio sorriso chiedendomi se voglio un caffè. “Tè”, rispondo. Il suo volto si illumina e, con fare compiaciuto, mi batte una mano sulla spalla come a dire: “ti sei già ambientata, eh?” In quattro giorni dal mio arrivo in Turchia credo di aver già bevuto una ventina di tè: verde, alla menta, al limone; a colazione, pranzo e cena. Temo che quando tornerò in Italia sarò composta per il 50% di acqua e il restante 50% di tè.

 

Donna Turchia

Foto: Margherita Forni

 

Tutte le donne indossano hijab di vari colori e stili differenti. Gülçin, una ragazza turca, mi mostra come il suo hijab è composto da tre strati differenti. Alcune donne mi parlano in arabo, altre in turco, qualche ragazza più giovane in inglese, l’altra volontaria che mi accompagna in spagnolo; tutte sanno qualche parola in italiano e, con un timido sorriso, mi rivolgono un “buongiorno” incerto a cui rispondo con un “brava!”.

 

Mi ritrovo a pensare al libro di Gino Strada, “Pappagalli verdi”, dove tempo fa avevo letto che parlare un po’ molte lingue è meglio che conoscerne bene una o due sole, e adesso non potrei essere più d’accordo con te, Gino. Così, sebbene non capisca molto, rispondo a tutte shukran o tesekkurler“: “grazie” in arabo e in turco.

 

Ma in cucina non c’è bisogno di molte parole, il linguaggio non verbale arriva là dove la mia scarsa conoscenza linguistica non può arrivare. Con sguardi di intesa e gesti esplicativi mi indicano di stendere la pasta con il matterello: “yalla, yalla!”.

 

ragazza musulmana

Foto: Margherita Forni

 

L’odore inebriante delle spezie avvolge ben presto tutta la cucina. Le donne discutono animatamente, ma in modo amichevole, su ogni minima quantità di sale, olio, curcuma o cumino da aggiungere alle pietanze. Prepariamo dei fagottini fritti ripieni di patate, cipolla e pollo. Dopo è la volta dei frollini al cioccolato e l’immancabile pistacchio.

 

Le donne ridono, cantano, battono le mani. Ci sediamo intorno al tavolo e mangiamo di gusto. Loro parlano, parlano e anche se non capisco una singola parola addento il mio squisito fagottino e sorrido, godendomi in silenzio la bellezza della diversità.

 

 

Di: Margherita Forni

 

Responsabile editoriale di Scambieuropei e coordinatrice delle piattaforme digitali. Da sempre interessata ai viaggi e al mondo della mobilità giovanile